• Sortir de la pensée économique unique

    Nos fameux “experts” en économie défilent en permanence sur les écrans de télé et sur les antennes radios pour étaler leur science. Ils nous rebattent les oreilles avec leurs analyses péremptoires de la crise et de ses causes. Ils nous démontrent avec un aplomb remarquable qu’il n’y a pas d’autre voie pour sortir de la crise que celle de l’austérité. Comment qualifier cette pensée, sinon de totalitaire !

    Pourtant d’autres visions existent, différentes. Elles mériteraient d’être connues du public. C’est ce que proposent, entre autres, des universitaires italiens, dans un appel : “Lezioni da riscrivere per imparare l’economia”, publié sur le site Sbilanciomaci. Le contenu de cet appel présente beaucoup d’intérêt et devrait nourrir un grand débat sur la crise actuelle et les moyens pour en sortir. Il montre aussi que l’économie peut et doit être à la portée de tout citoyen, et non plus l’affaire de quelques “experts”.

    Lezioni da riscrivere per imparare l’economia

    Perché riscrivere le lezioni di Economia?

    Ormai da diversi mesi parole come Spread, Bund e Btp, rigore, crisi del debito pubblico, rigidità del mercato del lavoro, sono entrate nel vocabolario comune di tutti i cittadini e le cittadine del nostro paese.

    Il Governo dei tecnici ha imposto un linguaggio il cui significato sembra essere accessibile solo ai pochi, esperti professori pronti a dare un’unica visione liberista per uscite dalla crisi: l’austerity, sostenendo con forza che T.I.N.A : non ci sono alternative.

    Ma l’economia è davvero la materia “dei contabili” e “del far quadrare i conti”?

    Come studenti e studentesse, che scelgono di studiare economia per comprenderne davvero le sue ripercussioni politiche e sociali, siamo convinti che non sia così.

    La storia del pensiero economico nei secoli è frutto di un dibattito intenso tra scuole di pensiero differenti, che hanno influenzato le scelte politiche dei governi passati e di questi governi , nel nostro Paese e negli altri paesi. Autori come Smith, Ricardo, Keynes, Marx, Sfraffa, Minsky spesso scompaiono dai nostri libri di testo o vengono soltanto citati, per lasciare posto soltanto alla spiegazione di modelli matematici, di cui spesso viene tralasciata la contestualizzazione reale e sociale.

    Non si può costruire fino in fondo una democrazia non più succube dei mercati, senza aprire un dibattito pubblico nelle nostre scuole e università su come l’insegnamento dell’economia della essere sempre più plurale e collegato con gli aspetti reali, politici e sociali della società.

    Abbiamo scritto questo appello a seguito di diversi momenti di discussione tra noi studenti e studentesse e all’interno della Controcernobbio di Sbilanciamoci, per questo chiediamo a studenti e studentesse, ricercatori e ricercatrici e docenti di partecipare a questo percorso che si svolgerà attraverso assemblee e percorsi di discussione nelle prossime settimane nelle diverse facoltà e scuole d’Italia che vogliono provare ad incidere sui nostri piani di studio per sperimentare e costruire un modello differente di didattica e di economia.

    La crisi ha mostrato quanto sia andata fuori strada la teoria economica dominante. Un appello per ripensare (e insegnare) l’economia come scienza sociale, pluralista e attenta ai problemi della società

    Con lo scoppio della crisi alla fine del 2007, sembrava che alcune delle idee principali su cui era stato costruito l’impianto di teoria economica dominante fossero oggetto di una profonda messa in discussione. Eppure, le vicende recenti dimostrano chiaramente la persistenza di un consenso diffuso accordato alla “narrazione neoliberista” che rappresenta come naturali e universalmente valide le relazioni di mercato, ormai utilizzate come strumento per spiegare i fenomeni più disparati, dalla democrazia alle migrazioni. Le relazioni economiche sembrano oggi sovrastare con le loro leggi presentate come ineluttabili lo spazio della politica e dei bisogni sociali e hanno imposto un linguaggio univoco, incomprensibile ai più, che fornisceun’unica interpretazione delle “realtà”, dalla quale deriva un’univoca ed apparentemente indiscutibile indicazione “tecnica” per governarla. L’utilizzo di un linguaggio apparente neutrale e inaccessibile se non a selezionati addetti ai lavori è in realtà uno strumento politico che impedisce agli individui di criticare le soluzioni presentate come uniche e necessarie per uscire dalla crisi, in particolare le politiche di austerity. E’ essenziale l’ampliamento delle capacità critiche in grado di mettere in discussione i modelli economici per favorire una reale partecipazione democratica che sappia contestare le trappole “retoriche” delle spiegazioni tecniche e preconfezionate.

    Come riscriverle

    Partire dai problemi della società: il processo formativo va agganciato strettamente e fin dall’inizio allo studio dei “problemi” del mondo reale, attraverso la comprensione dei meccanismi storico-sociali di riproduzione della società che, nello specifico economico, riguardano la distribuzione della ricchezza, la produzione materiale e immateriale, il lavoro, il welfare, temi che non possono prescindere da considerazioni sociali e culturali. Per questo è necessario integrare lo studio dell’economia con quello delle altre scienze sociali, in modo da non considerare il mondo economico come un’entità esterna rispetto all’evoluzione storico, sociale e politica, ma come una componente di questa.

    Soppesare il contenuto delle categorie analitiche: l’elaborazione dei concetti economici fondamentali ha evidenti legami con questioni di filosofia morale e politica la cui conoscenza – anche attraverso la conoscenza della storia del pensiero sociale ed economico purtroppo marginalizzata negli studi di economia – risulta rilevante per una loro più esatta cognizione. La contestualizzazione del pensiero di un autore è fondamentale per comprendere le basi dei modelli e delle teorie che ha elaborato, nell’economia esattamente come nelle altre scienze sociali. Le “parole” che danno contenuto agli oggetti del discorso economico fanno riferimento a un “modo” di guardare la società, a diverse “visioni” a cui corrispondono diversi sistemi di categorie analitiche.

    Offrire una visione pluralistica dell’economia che attinga alle diverse teorie economiche: una formazione critica non può ridursi a “una sola” teoria economica (per quanto dominante storicamente ed egemonica), ma deve fare riferimento alla pluralità di visioni teoriche in quanto spiegazioni diverse delle medesime situazioni. Di fronte al medesimo problema, teorie diverse formulano politiche economiche diverse, tra loro contrastanti e caratterizzate da differenti previsioni di ricadute sociali a seconda del ruolo attribuito ai diversi soggetti. È perciò anche importante affiancare allo studio delle teorie e dei modelli l’analisi degli effetti – positivi o negativi – che sono derivati dalla loro applicazione.

    Con chi riscriverle

    Coinvolgere studenti e docenti. Diversi esponenti del mondo accademico hanno manifestato enormi criticità rispetto al dibattito economico e alle scelte di politica economica adottate negli ultimi anni, ne sono esempi la Lettera degli economisti contro le politiche europee di austerity e il Manifesto della libertà del pensiero economico.

    Come studenti, soggetti sociali e cittadini, crediamo sia assolutamente necessario ripensare le modalità di insegnamento della disciplina economica all’interno delle Università, a partire dalle facoltà e dai dipartimenti in cui essa viene insegnata e studiata per promuovere un processo dialettico che, anche attraverso il superamento dell’asimmetria tra studenti e docenti, garantisca un reale pluralismo di idee.

    Un’Università pubblica per un sapere critico e funzionale al progresso sociale. Negli ultimi anni il movimento studentesco ha posto al centro il tema dei finanziamenti per l’università pubblica. Crediamo che una riflessione sul carattere pubblico dell’università non possa prescindere da un ragionamento sul suo ruolo sociale e su ciò che viene insegnato nelle sue aule. L’univocità che contestiamo nell’insegnamento dell’economia non è un caso isolato: le università possono essere sia un luogo dove si perpetuano le dottrine funzionali al mantenimento dell’attuale modello sociale ed economico che, invece, un luogo in cui il sapere si esprime liberamente. Crediamo che la funzione dell’università pubblica sia proprio quella di garantire l’esistenza di un sapere critico e funzionale al progresso sociale.

    Tutelare il pluralismo nella docenza: la giusta valutazione delle attività didattiche e di ricerca e il rigore nel reclutamento dei nuovi docenti devono svolgersi nel rispetto del pluralismo e della legittimità scientifica dei diversi filoni di pensiero economico.

    Adeguare la struttura didattica: un corso introduttivo all’“economia politica” deve consentire agli studenti di analizzare i modelli che vengono loro presentati, evidenziando l’oggetto sociale e politico del loro studio, spesso nascosto da un’eccessiva formalizzazione matematica e dal ricorso a schemi che rappresentano l’individuo come essere razionale trascurando la sua natura di essere storico-politico.

    Nel suo insieme questa struttura curriculare garantirebbe quel forte antidoto all’attuale polverizzazione del sapere sociale che, separato in tanti ambiti disciplinari spesso non strutturalmente comunicanti, impediscono un’adeguata analisi multidisciplinare della società nel suo complesso e rendono l’attuale formazione dell’economista parziale e inadeguata.

    Siamo convinti che l’economia non possa essere considerata una “materia tecnica”, ma debba tornare ad essere una scienza sociale.

    Vogliamo che questo appello rappresenti lo stimolo per avviare una discussione dentro e fuori i nostri atenei sul rapporto tra economia e democrazia a partire dalla didattica. Siamo convinti infine che sia necessario aprire oggi un dibattito sulla ripubblicizzazione dei saperi, come strumento attraverso il quale ricercare un’altra idea di sviluppo ed una via di uscita alternativa dalla crisi che sembra oggi ancora mancare.

    Promuovono le studentesse e gli studenti della Rete della Conoscenza.

    Primi firmatari

    Nicola Acocella, Università la Sapienza, Roma

    Andrea Baranes, Presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica

    Filippo Barbera, ricercatore Università di Torino

    Sergio Cesaratto, Univeristà di Siena, Economisti contro l’austerity

    Lia Fubini, Università di Torino

    Andrea Fumagalli, Università di Pavia

    Stefania Gabrieli, Ricercatrice CNR

    Marilena Giannetti, Facoltà di Economia, La Sapienza Roma

    Claudio Gnesutta, Univerisità La Sapienza, Sbilanciamoci.info

    Claudio Grua, Università di Torino

    Peter Kammerer, Università di Urbino

    Stefano Lucarelli, Università di Milano

    Ugo Mattei, Università di Torino

    Alessandro Montebugnoli, Università la Sapienza Roma

    Guido Ortona, Università del Piemonte Orientale

    Francesco Pallante, Università di Torino

    Mario Pianta, Università di Urbino e sbilanciamoci.info

    Felice Roberto Pizzuti, Facoltà di Economia, La Sapienza Roma

    Michele Raitano, Facoltà di Economia, La Sapienza Roma

    Riccardo Realfonzo, Università del Sannio

    Anna Maria Simonazzi, Facoltà di Economia, La Sapienza Roma

    Riccardo Soliani, Università di Genova

    Antonella Stirati, Università di Roma 3

    Stefano Zamagni, Università Alma Mater, Bologna

    Sergio Bruno, Facoltà di Statistica, La Sapienza Roma

    Roberta Carlini, giornalista, autrice del libro “L’economia del noi”

     

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